Trekking e salute

Laguna Sarapococha (4325 m), campo base della Siula Grande (6344 m), Cordillera Huayhuash, Perù

Il trekking è un’esperienza meravigliosa, ma talvolta si può incorrere in qualche problema di salute.

Quelle che seguono sono alcune linee guida per mantenersi in buona salute.

Ai primi sintomi di malessere, non esitate a rivolgervi alla guida.

Verso il campo base del Kangchenjunga, Nepal orientale

AVVERTENZA GENERALE

È importante che prima di partire, soprattutto se siete affetti da patologie croniche, vi sottoponiate a una visita di controllo presso il vostro medico di fiducia, che saprà consigliarvi sulla vostra partecipazione a un trekking in montagna e sui comportamenti più adatti alle vostre condizioni. Ricordate che durante il trekking si possono raggiungere quote superiori ai 5000 metri e che è bene che il vostro medico ne sia informato e vi consigli al riguardo.

È utile anche farsi consigliare dal medico sia le vaccinazioni necessarie in relazione al paese di destinazione (normalmente effettuabili presso l’apposito servizio delle ASL), sia un corredo di base di farmaci generici e specifici per vostre condizioni da portare con voi, con le relative indicazioni d’uso in caso di necessità.

Di regola, le organizzazioni di trekking esigono che i partecipanti possiedano una assicurazione di viaggio e sanitaria tale da coprire le spese per eventuali cure sanitarie e di ricupero e trasporto in caso di infortunio o malattia. Diffidate delle organizzazioni che non la richiedono.

Arrivo in zona

Il cambio di fuso orario, la fretta dei preparativi, le ultime incombenze di lavoro prima della partenza possono far sì che si arrivi a destinazione stanchi e stressati: ci vuole proprio una vacanza per staccare! È questo il momento in cui si è maggiormente esposti a qualche malessere: cercate di rilassarvi e di integrare i pasti con qualche pastiglia di multivitaminico. Fortunatamente, il volo dall’Europa a Delhi o Kathmandu non è particolarmente lungo (normalmente una dozzina di ore, scalo compreso), e questo aiuta a mitigare i disagi della fatica e del jet-lag, ma per andare in Sud America occorrono più ore.

Acqua potabile

Nei paesi sviluppati diamo per scontato che l’acqua sia sempre potabile, che gli impianti fognari tengano ben separate le acque nere e che gli alimenti siano preparati e confezionati nel pieno rispetto dell’igiene. Nel Terzo Mondo questi lussi non esistono, sicché è molto importante seguire alcune elementari norme di comportamento per evitare spiacevoli malesseri. 

È buona norma presumere che tutta l’acqua di fiumi, torrenti e rubinetti sia interessata da qualche forma di contaminazione e quindi non sia sicuro berla senza averla sottoposta a purificazione. Purtroppo è una condizione che riguarda anche l’acqua alle alte quote, dove soltanto quella ricavata direttamente da neve vergine può essere considerata sicura. L’acqua bollita a una temperatura superiore ai 75 °C è da considerarsi purificata: poiché a 5800 metri l’acqua bolle a circa 81 gradi, fino a quella quota (e normalmente ci si mantiene al di sotto) bevande come il tè, il caffè, la limonata calda ecc. sono assolutamente potabili.

Esistono numerosi metodi per purificare l’acqua. Di regola, durante il trekking lo staff di cucina fornisce tutta l’acqua bollita di cui si ha bisogno. Qualora attingeste acqua durante la marcia e desideraste purificarla, il metodo più comodo sono le apposite pastiglie per la depurazione dell’acqua (tipo Micropur), facilmente reperibili nei negozi di alpinismo e outdoor: l’unica avvertenza è che occorre attendere circa mezz’ora dopo averle messe nella borraccia affinché facciano pienamente effetto. Non altrettanto efficaci sono i filtri a cannuccia, in quanto non sempre riescono a bloccare tutti gli agenti patogeni.

Diarrea

Si tratta di un problema comune nel Terzo Mondo. In circostanze normali, quando si è colpiti da diarrea si consulta un medico e si effettuano gli esami del caso. È ovviamente il modo migliore per fare una diagnosi accurata, ma è evidente che durante un trekking questo non è possibile: è molto importante, quindi, valutare attentamente i sintomi.

Primo, niente panico: la diarrea, per quanto sia un inconveniente importante, non è un’affezione grave e spesso non è neppure necessario intervenire con i farmaci. Molte persone cedono alla preoccupazione e cominciano ad assumere medicine dopo la prima scarica. In genere è meglio attendere almeno un paio di giorni e vedere che cosa succede, poiché potrebbe trattarsi di un fenomeno passeggero.

A meno che non si tratti di una condizione particolarmente grave (per esempio, intossicazione alimentare) non c’è bisogno di interrompere il trekking; è importante tuttavia bere molto per non disidratarsi e adeguarsi alle richieste dell’organismo: se avete fame, mangiate, in caso contrario limitatevi a minestre e cibi leggeri.

Se la diarrea persiste, allora si possono assumere i farmaci necessari, dai semplici coadiuvanti della flora intestinale ai disinfettanti intestinali, fino – se si è certi dell’origine del malessere – agli appositi antibiotici.

Chi soffre di una patologia preesistente come, per esempio, ulcera gastrica, problemi alla vescica o all’intestino, deve essere molto cauto nell’autodiagnosi e nella scelta dei farmaci.

Giardiasi

Comune in Nepal, è in genere provocata da acqua contaminata, soprattutto a Kathmandu e nei torrenti d’alta montagna vicino ad aree di pascolo degli yak, e si manifesta sovente in forma di diarrea acuta. Non si manifesta immediatamente, in quanto occorrono 7-10 giorni affinché il parassita sviluppi la sua azione. Il sintomo classico è flatulenza con forte odore di zolfo (uova marce), unitamente ad altri sintomi che permettono di distinguerla da altre forme di diarrea: stomaco gorgogliante, con crampi e gonfiore, senza tuttavia febbre, brividi o nausea.

L’affezione può anche essere asintomatica, con qualche occasionale scarica di diarrea e un vago malessere di stomaco. Alcune forme si risolvono da sé nell’arco di circa un mese, e molti ne sono affetti senza rendersene conto. Tuttavia, se i sintomi sono evidenti e fastidiosi, esistono due farmaci efficaci:

NB. NON prendere i due farmaci contemporaneamente.


Dissenteria amebica

Talvolta si manifesta all’improvviso e violentemente, provocando grave debilitazione del soggetto colpito. Di solito, tuttavia, si manifesta per gradi, con una moderata diarrea intermittente, un sintomo che spesso viene quasi ignorato. In questo caso può essere particolarmente pericolosa, poiché anche se i sintomi sono lievi o inesistenti il parassita si sviluppa, e l’organismo può esserne gravemente danneggiato. Se sospettate di aver contratto questo parassita, è meglio sottoporsi immediatamente a un esame delle feci al ritorno in Italia. Secondo il dottor David Schlim della CIWEC Clinic di Kathmandu, in Nepal rientrano in questa patologia meno dell’1% dei casi di diarrea.

Dissenteria batterica (diarrea del viaggiatore)

Si manifesta accompagnata o preceduta da febbre e/o brividi e nausea, con improvvise e frequenti scariche e spesso crampi intestinali. È causata dalla presenza di batteri diversi da quelli cui l’organismo è comunemente abituato, sicché è possibile esserne colpiti non appena si giunge in India o Nepal. Poiché con il tempo l’organismo si abitua ai batteri diversi, in teoria basterebbe resistere qualche giorno; la versione nepalese, però, è particolarmente forte, quindi è bene procedere con il trattamento farmacologico.

Un farmaco sovente raccomandato è il Bactrim, ma ve ne sono anche altri. È bene, prima di partire, consultare il proprio medico di fiducia, che saprà consigliare la miglior composizione della propria mini-farmacia personale da viaggio, oltre a indicare l’esatta posologia per ogni persona.

Intossicazione alimentare

La diarrea da intossicazione alimentare compare improvvisamente e in forma virulenta, spesso accompagnata da vomito, in genere da 4 a 8 ore dopo aver ingerito alimenti contaminati. Fortunatamente, nelle forme meno gravi dura meno di 24 ore e ci si riprende in fretta, anche se ci si può sentire un po’ indeboliti ancora per qualche giorno. Non ci sono farmaci specifici: si tratta di aspettare che l’organismo espella il cibo contaminato e smaltisca l’intossicazione. Bisogna riposare e, passata la fase più acuta, bere molti liquidi. Sono utili le soluzioni idratanti orali. È bene, comunque, consultare un medico per stabilire l’eventuale pericolosità dell’intossicazione.

Altri problemi e malesseri

Disidratazione

Alle basse quote di solito fa caldo e si suda molto, dunque è molto importante reintegrare i liquidi che si perdono. In alta quota il problema è più grave, perché non solo si suda, ma l’aria è più secca e meno ricca di ossigeno, e questo significa che si respira più intensamente. A ogni respiro si espelle del vapore acqueo. Qui è molto fondamentale bere molto. I sintomi della disidratazione sono stanchezza, riflessi tardi e mal di testa. Poiché i sintomi sono simili a quelli dell’AMS (Acute Mountain Sickness o, volgarmente, mal di montagna), il modo migliore per evitare confusioni è quello di mantenersi ben idratati.

La regola di base è: bere quanto più spesso si riesce (non stiamo parlando di alcolici, ovviamente!), anche se sembra tanto. Nei liquidi da assumere rientrano il tè e le minestre, ma anche se assumete molti cibi liquidi dovete bere acqua in quantità. Durante le ore di marcia è bene assumere almeno un paio di litri di acqua.

Tosse del Khumbu

Se si fa trekking per un periodo prolungato, soprattutto nella regione dell’Everest, è difficile sfuggire alla cosiddetta “tosse del Khumbu”, consistente in un persistente muco dal naso accompagnato da una continua tosse leggera. questo disturbo è causato dal continuo respirare aria fredda e secca, che va a irritare i bronchi. In questo caso l’agente irritante non è un’infezione ma l’eccessiva secchezza dell’aria, anche se l’organismo reagisce in modo analogo. Non trattandosi di un’infezione, è inutile assumere antibiotici: si può lenire il disturbo con pastiglie emollienti per la gola.

Bronchite

È un’infiammazione dei bronchi provocata da un’infezione, con sintomi simili a quelli della tosse del Khumbu. Per questo è difficile distinguerla, tranne quando è accompagnata da febbre e/o brividi. La tosse può anche essere più “grassa”. Poiché può trattarsi di un’infezione virale o batterica, non sempre gli antibiotici si rivelano efficaci. È opportuno non affaticarsi troppo e, appena possibile, scendere a una quota più bassa.

Polmonite

È un’infezione che provoca la formazione di liquido nei polmoni. È piuttosto raro contrarla, ma se diagnosticata va immediatamente affrontata con l’appropriata cura a base di antibiotici.

AMS - Mal di montagna

Per questo argomento molto importante visitate la pagina dedicata.


Disturbi da freddo/neve

Cecità da neve (o cheratite da ultravioletti)

Consiste nell’ustione della cornea a opera dei raggi ultravioletti. È particolarmente dolorosa, come avere gli occhi pieni di sabbia. La si può prevenire completamente indossando occhiali da sole in grado di bloccare i raggi ultravioletti. È una precauzione fondamentale quando ci si muove sulla neve, anche con il cielo coperto, ma poiché in quota c’è una maggiore concentrazione di raggi ultravioletti, è bene portare sempre gli occhiali da sole. Se li perdete e incautamente non ne avete un paio di ricambio, se ne può ricavare un surrogato piuttosto efficace ritagliando due pezzi di cartone da porre davanti agli occhi, con una piccola fessura per la visione.

Congelamento

Quando la carne congela, gli effetti sono molto gravi e spesso si rende necessario amputare la parte. A meno che non si esponga del tutto un arto a temperature estreme, perché si verifichi un congelamento occorre un po’ tempo: in una prima fase, le dita delle mani o dei piedi perdono sensibilità e forza, ma muovendole o massaggiandole è ancora possibile riportarle in condizioni normali, anche se il processo può essere doloroso. Quando si verifica un congelamento profondo, invece, le dita diventano bianche o blu e legnose, incapaci di movimento. In questo caso è meglio non cercare di riportarle in vita se non si è in condizioni di evitare un nuovo congelamento, perché gli effetti sarebbero ancora peggiori. Bisogna riscaldare la parte lentamente e in modo uniforme alla temperatura ottimale, che è compresa fra i 37 e i 42 °C, e poi massaggiare per attivare la circolazione sanguigna. Bisogna rivolgersi a un medico il più presto possibile.


Insetti, vesciche e irritazioni della pelle

Pulci e altri parassiti

Difficile incappare in questi sgraditi ospiti se si pernotta sempre in tenda; è possibile, invece, incontrarli quando capiti di pernottare in case private, baite o alberghetti lungo il percorso di avvicinamento. In questi casi, non resta che trattare le morsicature con creme lenitive o, nei casi più persistenti (come a volte le morsicature delle pulci), con una crema antistaminica.

Sanguisughe

Il terrore della stagione dei monsoni in Nepal. Bisognerebbe avere la freddezza di ammirarne l’abilità nell’aprire un buco nella vostra pelle senza procurarvi alcun dolore. Nella foresta tropicale delle basse quote nepalesi, durante la stagione dei monsoni, stanno in agguato e sono in grado di penetrare nelle calze e addirittura nelle asole dei lacci delle scarpe. Le si può rimuovere bruciandone con un accendino o una sigaretta la parte che emerge dalla pelle.

Vesciche

Poiché un trekker passa gran parte del suo tempo camminando, vale davvero la pena darsi da fare per prevenire le vesciche. Anzitutto, se possibile usate pedule o scarponi già ben rodati; se avete le scarpe nuove, prima di partire collaudatele facendo almeno un paio di escursioni in montagna (una prova su terreno piano può non essere significativa, perché in salita e in discesa il piede è sottoposto a sfregamenti più intensi).

Normalmente è possibile avvertire quando si sta formando una vescica: un po’ di sfregamento, una piccola infiammazione, un dolorino localizzato. Fermatevi immediatamente e verificate di che si tratta, anche se avviene nei primi cinque minuti o a pochi metri dall’agognato passo: prima agite, meglio è. Applicate subito un cerotto protettivo e cercate di scoprire la causa.

Come curare le vesciche. Se si sviluppa una vescica si può intervenire in diversi modi. Se non è particolarmente dolorosa, la si può circondare (non ricoprire) con un cerotto imbottito, in modo da evitare lo sfregamento e vedere se entro qualche tempo si riduce. Se invece è dolorosa e causa dei problemi, è meglio bucarla: pulite la pelle e sterilizzate l’ago (basta tenerlo per qualche secondo alla fiamma di un accendino o di una candela). Non rimuovete la pelle della vescica finché, dopo alcuni giorni, non sarà seccata, perché serve a proteggere la pelle nuova e delicata che si forma sotto di essa. Si può applicare un cerotto con un po’ di cotone per proteggere la vescica.

Il rimedio migliore per le vesciche, tuttavia, sono i cerotti medicati tipo Compeed: aderiscono alla vescica, alleviano il dolore mediante un anestetico, curano la lesione e si staccano soltanto quando si è formata la nuova pelle.

Se per esperienza sapete di essere facilmente soggetti alla formazione di vesciche, è molto meglio prevenirle. Proteggete prima della partenza le aree potenzialmente a rischio con un cerotto (non imbottito) alto 5 cm o con le apposite strisce adesive antivesciche in vendita nei negozi di sport. Poi, ogni mattina, riapplicate i cerotti.


Visitate anche la pagina dedicata alle precauzioni generali e alle vaccinazioni.

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